I giudici di legittimità – accogliendo in pieno le argomentazioni formulate dalla curatela fallimentare terza chiamata – hanno confermato l’assenza di giurisdizione italiana in relazione ad un contenzioso in cui il convenuto, soggetto dichiarato fallito in Germania prima dell’entrata in vigore del Regolamento UE 1346/2000, aveva effettuato la chiamata di terzo nei confronti del curatore fallimentare tedesco, sul rilievo della ricorrenza di comunanza di causa (ai sensi dell’art. 6, n. 2, Reg. CE n. 44/2001).

Gli Ermellini, rilevato che in base al petitum sostanziale dell’azione dedotta in giudizio dovesse escludersi l’applicazione del Reg. CE n. 44/2001 in forza del dettato normativo di cui all’art. 1, § 2, lett. b), a tenore del quale, come è noto, sono sottratti dal suo ambito di applicazione “i fallimenti, i concordati e le procedure affini”, hanno concluso nel senso che l’azione promossa dal convenuto nei confronti del curatore fallimentare “attiene esclusivamente all’operato di quest’ultimo come curatore della procedura fallimentare aperta (circostanza non fatta oggetto di contestazione tra le parti) nella Repubblica Federale Tedesca”, come tali “direttamente espressione dell’ufficio di curatore fallimentare”.

Per tale ragione, l’azione promossa dal convenuto – secondo la Corte Suprema di Cassazione – si risolverebbe in “un vero e proprio sindacato nel merito circa l’esistenza dei presupposti per l’apertura della procedura concorsuale in Germania e circa l’operato [del] curatore fallimentare, laddove quest’ultimo era evidentemente sottoposto alla vigilanza degli organi fallimentari tedeschi deputati alla relativa attività di controllo”.

Sennonché siffatto rilievo confermerebbe la sussistenza della giurisdizione del giudice fallimentare tedesco (e, dunque, l’assenza di giurisdizione del giudice italiano).